ITP: 50 anni di sostenibilità
Manifattura
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ITP, Industria Termoplastica Pavese SpA è attiva nella produzione di pellicole plastiche per imballaggio dal 1972 ed è specializzata in film flessibili destinati alla protezione delle superfici e al confezionamento industriale e alimentare. Oltre 50 anni trascorsi a lavorare con impegno, integrità e intraprendenza, nella costante innovazione di tecnologia e di prodotto.
Innovazione che, negli ultimi anni, si declina sui temi della sostenibilità e dell’economia circolare, come dimostra la certificazione ISCC Plus – International Sustainability & Carbon Certification – conseguita con ICIM SpA a fine 2021.
Abbiamo incontrato Paola Centonze, responsabile marketing, comunicazione e sviluppo organizzativo di ITP nonché figlia di Nicola Centonze, fondatore e presidente dell’azienda e sorella di Massimo Centonze, CEO di ITP e, da dicembre 2021, presidente di Aimflex, il gruppo dei produttori di imballaggi flessibili di Unionplast.
COSA È LA CERTIFICAZIONE VOLONTARIA ISCC PLUS
L’International Sustainability & Carbon Certification (ISCC) è uno schema internazionale di certificazione volontario per l’economia circolare, che verte sulla verifica della tracciabilità dei materiali riciclati (ad es. rifiuti di plastica mista) sulla base dei principi di contabilità del bilancio di massa. Il sistema ISCC PLUS è una valutazione indipendente, effettuata da terzi, della tracciabilità del bilancio di massa fino alla fonte dei rifiuti (“punto di origine”).
La certificazione ISCC PLUS si applica a qualsiasi tipo di materiale, dai materiali a base biologica derivati da materiali agricoli o forestali, ai rifiuti plastici misti soggetti a un processo di riciclaggio chimico per convertire materiali che in precedenza non potevano essere riciclati attraverso i tradizionali processi meccanici. ISCC Plus permette alle aziende di monitorare e dimostrare la sostenibilità dei propri prodotti attraverso il controllo di requisiti quali la sostenibilità, la tracciabilità e, appunto, il bilancio di massa dell’intero sistema.
Chi è ITP, cosa fa?
ITP è un’azienda attiva nel settore delle materie plastiche, specializzata nella produzione di film flessibili destinati alla protezione delle superfici e al confezionamento industriale e alimentare. Siamo un’azienda di famiglia, cresciuta rispetto agli inizi ma decisa a mantenere dimensioni e relazioni proprie di una pmi. In aprile è partita una vera e propria Academy per formare le nuove leve e tutte le persone che si occuperanno delle tecnologie nel nuovo sito produttivo che inaugureremo in autunno, arrivando a 100 mila metri quadri di proprietà proprio nell’anno del nostro cinquantesimo compleanno.
Quali sono i vostri prodotti di punta, esportate anche all’estero?
L’azienda ha puntato sulla crescita investendo gli utili in nuove tecnologie e diversificazione. Siamo partiti dagli imballaggi in semplice polietilene per il settore laterizi e costruzioni e abbiamo aperto negli anni Ottanta al settore alimentare passando per il film protettivo. Oggi ITP produce un packaging alimentare innovativo e certificato, anche con materia prima riciclata, film ad alta barriera all’ossigeno e ai gas per gli alimenti freschi e surgelati, film compostabili e riciclabili per buste e vaschette. Quanto ai brand di riferimento, posso citare Uliveto, San Benedetto, Coca Cola per il beverage e Orogel, Riso Scotti, Fileni per il food. Oggi esportiamo il 46% della nostra produzione in oltre 40 paesi e abbiamo investito molto sui mercati statunitense e russo, dove abbiamo i nostri uffici commerciali.
Molti dei vostri prodotti sono il frutto di grande ricerca in tema tecnologia, innovazione, sostenibilità… Il mercato ne riconosce il valore?
I valori che da sempre ci contraddistinguono – impegno, integrità e intraprendenza – sono gli stessi che ci vengono riconosciuti dai nostri interlocutori che apprezzano la qualità dei nostri prodotti. Del resto ITP è un’azienda leader nel settore proprio grazie all’impegno e all’innovazione, in cui ogni anno investiamo circa 6 milioni di euro.
Clienti, produttori di macchine e fornitori di materia prima sanno di poter contare sulla nostra reattività per lo sviluppo di un progetto in tempi rapidi. I produttori di macchine confezionatrici apprezzano la nostra capacità di supporto e i fornitori sono pronti a sottoporci nuove idee e nuovi prodotti. Abbiamo, infatti, una linea pilota di estrusione a disposizione del laboratorio di R&S che ha lo scopo di velocizzare la messa a punto dei prototipi e delle nuove formulazioni, nonché di un laboratorio attrezzato per i test di validazione dei prodotti sviluppati.
Ritenete che in Italia le regole del vostro comparto per quanto riguarda la sicurezza siano sufficienti per il consumatore e per i produttori?
Il comparto del packaging alimentare in plastica è adeguatamente regolamentato per la sicurezza del consumatore. Prove di cessione, set-off, valutazione delle proprietà organolettiche, NIAS (sostanze non intenzionalmente aggiunte) fanno parte della valutazione del rischio che le aziende sono tenute a fare. I produttori seri rispettano queste regole e dedicano spesso un team a seguire la legislazione. Gli strumenti di controllo esistono e noi stessi abbiamo sperimentato le visite periodiche di sorveglianza.
Quello che sicuramente auspichiamo è una maggiore obiettività da parte del consumatore finale e dei brand owner nella valutazione dei benefici così come dei limiti dei vari materiali di imballaggio, riconoscendo alla plastica, tanto vituperata, alcuni vantaggi inconfutabili anche in termini di sicurezza alimentare.
Cosa vi ha spinto a percorrere la strada della certificazione volontaria ISCC?
La nostra lungimiranza ci ha portato fin dall’inizio alla diversificazione e a investimenti verso soluzioni sempre più sostenibili e apprezzate dai clienti in termini di prestazioni. Per ridurre l’impatto ambientale da anni utilizziamo la tecnologia per sottolineare lo spessore delle pellicole e produciamo monomateriali, più facilmente riciclabili. In un certo senso, la demonizzazione della plastica è stata un’opportunità e ha accelerato un processo, già noto, verso la sostenibilità. Abbiamo sempre utilizzato plastica riciclata da pre-consumo ma all’inizio quasi non lo si comunicava perché, pur essendo nel segmento dell’imballaggio secondario, si pensava potesse essere percepito come meno pregiato. Siamo arrivati alla certificazione per sensibilità e per ampliamento dei metodi e delle tipologie dei materiali, in particolare bio-based (di origine vegetale) anche da scarti agricoli e industriali: abbiamo pensato di offrire ai clienti prodotti analoghi, dotati già di certificazioni. Inoltre, è sempre più importante per il consumatore poter “raccontare” il proprio comportamento virtuoso in fase di acquisto e la certificazione può testimoniare la virtuosità dell’azienda in modo inconfutabile. Nel 2022, per la prima volta, presentiamo il nostro bilancio di sostenibilità, a dimostrazione della nostra crescita e dell’importanza che diamo al valore della sostenibilità. Anche per questo la certificazione era, in un certo senso, inevitabile.
Come siete arrivati a ICIM?
Un fornitore di materia prima ci ha proposto un materiale che ci interessava e che richiedeva la certificazione ISCC Plus all’interno di tutta la filiera: il passo successivo è stato veloce e naturale, implementato sulle certificazioni di sistema e prodotti che già facevamo.
Cosa significa commercializzare pellicole con certificazione accreditata? Può essere un elemento di differenziazione?
La capacità di sviluppare nuove soluzioni è sicuramente molto apprezzata dai clienti e non solo: il mercato è sempre più consapevole dell’importanza di poter lavorare con materie prime di origine vegetale. Siamo stati avvicinati anche da una società che produce materiali odontotecnici che desidera soddisfare la richiesta dei propri clienti in quest’ottica. La garanzia offerta dalla certificazione è quindi riconosciuta, anche in ragione della necessaria “catena di custodia” che coinvolge l’intera filiera e che viene verificata con apposito audit interno all’azienda ogni 3 mesi. Questo rappresenta finalmente un grande passo avanti nella cooperazione tra aziende della stessa filiera per offrire al consumatore prodotti, come nel nostro caso, totalmente virtuosi, in quanto bio-based e bio-circular. La certificazione ISCC è un po’ la chiusura del cerchio della nostra sostenibilità e sarà sempre più un vantaggio competitivo.
La certificazione ha più valore se è volontaria o dovrebbe essere resa obbligatoria?
Sono a favore dell’obbligatorietà se c’è coerenza e oggettività nell’obbligo e quindi nella certificazione, ma il legislatore spesso si uniforma alla legislazione europea senza consultare le imprese e le associazioni di categoria per un parere tecnico. In generale, auspichiamo una più obiettiva lettura dei dati, oggi numerosi: le decisioni dovrebbero in futuro essere prese sulle evidenze oggettive, confrontandosi con le diverse categorie di packaging in Italia e all’estero. In ogni caso, è necessaria una maggiore consapevolezza da parte del consumatore finale, altrimenti tutte le certificazioni vengono percepite solo come qualcosa “per addetti ai lavori”.
Nel case history sono coinvolti i servizi delle seguenti aziende
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