È stata decisiva la posizione dell’Italia – insieme a quella di Germania, Austria e Finlandia – nella richiesta di rinvio del voto per l’approvazione del Supply Chain Act, noto anche come Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), il provvedimento europeo che potrebbe imporre alle aziende un dovere di diligenza molto incisivo in ambito sociale e ambientale.
La bozza della normativa, infatti, richiede alle imprese europee di sottoporre ad audit i propri fornitori lungo l’intera catena di approvvigionamento, comprese tutte le relazioni commerciali dirette e indirette, tra cui i contratti di fornitura già firmati e vincolanti su base pluriennale.
Un’attività che generebbe un insostenibile aumento del costo degli approvvigionamenti industriali e di monitoraggio, mettendo in seria difficoltà le imprese e con possibili conseguenze inflazionistiche.
L’astensione dell’Italia su richiesta di Confindustria al voto dei giorni scorsi per l’ approvazione del Supply Chain Act ne ha bloccato l’immediata adozione e consente di riaprire i negoziati per rivedere i contenuti della Direttiva che, così come è concepita, risulta tra l’altro macchinosa, di difficile applicazione e invasiva, e che porterebbe comunque a una sorta di “responsabilità oggettiva” delle aziende in ambito ESG.
21 Febbraio 2024